“Un bambino può insegnare sempre tre cose ad un adulto:
P. Coelho
1. A essere contento senza motivo.
2. A essere sempre occupato con qualche cosa.
3. A pretendere con ogni sua forza quello che desidera.”
La rubrica “Volti Marziali” oggi è dedicata ai nostri Serena Lamastra e Bartolo Telesca, rispettivamente Direttrice Organizzativa e Presidente dell’Accademia.
Serena Lamastra
Lei pratica arti marziali dal 1998, pluricampionessa italiana kung fu-wu shu-sanda Chinese Boxing negli anni ’99-‘ 2001, con anche 3 titoli internazionali (Blu DRAGON Cup, China Tropy, US Open Atlanta), medaglia d’oro al Trofeo Novice kickboxing. argento al Campionato Nazionale Fiwuk nel 2001.
Insegnante dal 2011, cintura nera 2 dan e allenatore di kickboxing dal 2017 FIKBMS (unica federazione riconosciuta CONI), arbitro nazionale (2011) e internazionale (2012) Kung fu-Sanda, giudice nazionale nel settore kickboxing ed mma-submission WTKA (2011-2016).
Attualmente cintura viola di Brazilian Jiu Jitsu, medaglia d’argento al Campionato Italiano UIJJ 2017 e Direttore di Gara UIJJ.
Bartolo Telesca
Lui comincia a praticare judo nel 1979 per poi proseguire con il kung fu, il wu-shu e sanda sin dai primi anni ’80.
Negli anni’ 90-’99 é sul podio di diverse competizioni regionali, interregionali e nazionali conquista due titoli Intercontinentali.
Riconosciuto miglior atleta CONI ’98 in quegli anni pratica il Jeet Kune Do e Win Chung ed inizia ad approfondire l’arte del Taijiquan (Tai Chi).
Cintura nera II dan di kung fu-wushu, discipline di cui è anche istruttore dal 2012.
Cintura nera I dan kickboxing e allenatore dal 2017 FIKBMS.
Arbitro nazionale (2011) e internazionale (2012) Kung fu-Sanda, giudice nazionale nel settore kickboxing ed mma-submission WTKA (2011-2016).
Cintura viola di Brazilian Jiu Jitsu e plurimedagliato nelle competizioni UIJJ.
Serena insegna nel corso della mattina denominato Caffè & Jiujitsu e gli altri corsi di Brazilian Jiu Jitsu e kickboxing secondo turnazione con gli istruttori dell’accademia.
Bartolo, si occupa dei progetti di arti marziali nelle scuole, dei corsi di arti marziali nelle varie sedi dell’Accademia e ha un corso di taichi.
Insieme allenano i piccoli del Corso di Avviamento all’attività motoria Propedeutico alle Arti Marziali eSport da Combattimento (4-6 anni) e i bambini del Brazilian Jiu Jitsu e della Kickboxing (7-11 anni).
Rispondono così alle nostre curiosità.
1) Cosa significa “allenare i bambini” che intraprendono uno sport da combattimento?
Serena: Anzitutto c’è una differenza tra bambini piccoli e bambini più grandi.
I primi non si allenano per uno sport da combattimento ma per poter sostenere un allenamento specifico quando saranno più grandi.
Li abituiamo già al contatto con i compagni, ma l’allenamento è di tipo ludico al fine di insegnargli i gesti motori di base come la capovolta, il camminare a 4 zampe, il salto degli ostacoli o l’andare a comando a destra e sinistra.
Senza questo “bagaglio preparatorio” i bambini hanno difficoltà a imparare i movimenti più complicati propri degli sport da combattimento.
Per noi quindi è importante costruire uno zoccolo duro motorio di base. Più è ampia la base, più la piramide costruita nel tempo sarà solida.
Per i più grandi, il discorso cambia. Riserviamo anche a loro una parte ludica nell’allenamento, perché i bambini si devono divertire e sperimentare i movimenti propri della disciplina anche giocando.
Non sono dei piccoli grandi, devono fare un allenamento adatto a loro.
Al di là dell’aspetto fisico, la cosa più importante è il risvolto psicologico dell’allenamento. I bambini formano il loro carattere in palestra, combattono contro tante problematiche relazionali, paure, bullismo.
Qui il bambino si mette alla prova, ha l’occasione di crescere, credere in sé stesso superando ogni giorno piccoli ostacoli, sia negli esercizi sia nel confronto con gli altri bambini.
Bartolo: Non c’è cosa più bella che allenare i bambini. Ti danno una energia, una felicità una carica esplosiva.
Sono molto curiosi. Loro chiedono sempre di più: perché si fa questo, a cosa serve. E la cosa più bella è la capacità di ascolto che hanno.
Per loro il maestro è come un secondo padre, un confidente, un fratello, un punto di riferimento importante.
La differenza tra i bambini del corso di avviamento e quelli un po’ più grandi sta principalmente nel fatto che i primi hanno più bisogno di giocare, di correre, sfogarsi, vedere gli amichetti, i più grandi sono già più precisi, maturi, consapevoli,cambia il tipo di curiosità che hanno e il modo in cui ascoltano. I primi giocano, i secondi sanno già quello che vogliono. Nel tempo abbiamo compreso l’importanza della multidisciplinarieta‘ nell’allenamento, per farli appassionare alla disciplina che vogliono praticare nello specifico. Per questo alterniamo i gesti atletici propri delle nostre arti, sia un calcio o un passaggio di guardia, con l’acrobatica.
2) Come organizzate l’allenamento?
Serena: Siamo sempre in 2.
C’è il saluto iniziale con gli allievi, rituale di cui anche i bambini più piccoli capiscono l’importanza, aspettano il comando del maestro, stanno in silenzio, si fermano.
Con i piccolini poi partiamo con la corsa libera, gli animaletti, il toccare il colore chiamato.
Potrebbero correre una giornata intera!
Il segreto è farli sfrenare nella prima parte dell’allenamento, così si sfogano e riscaldano i muscoli.
Poi organizziamo giochi di coordinazione, di abilità, di velocità, percorsi. Infine lavorano a coppie, così imparano a toccare il compagno.
Non sono giochi tecnici ma di velocità (es chi tocca prima la maglietta o il gioco dello zainetto). Naturalmente prima del saluto finale c’è un ultimo momento di caos, ad esempio con il gioco leoni e gazzelle.
Con i più grandi anche c’è il saluto iniziale, poi il riscaldamento, ginocchia al petto o corsa, anche giochi (tranne quando fanno arrabbiare Bartolo! Allora li fa correre all’infinito! Invece quando fanno i buoni, lui li fa giocare anche a dodgeball! 😉 ).
Importante è lo stretching, per l’elasticità alla loro età, e poi continuiamo con esercizi propedeutici alle arti marziali, come il coccodrillo o la guardia da soli con i calci, a seconda di quello che devono studiare.
Alla fine c’è il lavoro di coppia tecnico e lo sparring o la lotta.
Ho notato che i bambini del Brazilian Jiu Jitsu adorano lottare, sempre, rimangono male se non lottano. Nella kick lo sparring è più “impattante” psicologicamente.
L’allenamento si conclude con il saluto.
Bartolo: Per i bimbi è fondamentale la conoscenza tra il maestro e l’allievo.
Insegniamo loro ad ambientarsi in un luogo dove imparano divertendosi sia i gesti motori, sia lo stare insieme agli altri.
Imparano l’equilibrio, imitano gli animali, la natura e prendono tutto con il sorriso. Devo dire che i bambini mi ascoltano molto, poi ogni bambino è diverso dall’altro, c’è sempre quello più timido o c’è il frenetico, ma nella loro diversità ascoltano sempre e si divertono.
A volte li stuzzico e dico loro di saltare anche a casa come sul materassino quando facciamo la capriola..magari sul letto così fanno arrabbiare qualche genitore!
Per i bambini più grandi ci vuole un po’ più di polso duro per insegnare anche la disciplina che caratterizza le nostre arti.
Imparano già il gesto atletico quindi gli allenamenti sono più specifici e faticosi, ma non mancano come ha detto Serena momenti di gioco. Anche partite di calcio!
3) Quali emozioni provate nell’allenare i bambini?
Serena: All’inizio del mio percorso ero preoccupata.
Avevo paura di fare o dire cose che potessero condizionare i bambini.
Sei una figura importante per loro e ti sforzi di essere il meglio di quello che puoi.
Ora no, mi godo l’insegnamento, mi piace quando i bambini si confidano, mi diverto a lottare e giocare con loro.
Bartolo: Le prime volte è stato molto emozionante.
Non sapevo come gestire il gruppo, ho imparato a essere buono ma anche duro per tenerli a bada.
Allenarli mi porta gioia perché loro mi danno tanto affetto, mi portano i disegni, mi abbracciano e mi dicono non vedo l’ora di ricominciare l’allenamento! Una bambina mi ha anche dedicato “Sarà perché ti amo” dei Ricchi e Poveri. Alcuni bambini mi chiamano e mi mandano la buonanotte nei messaggi.
Penso che certe cose sono innate con loro, forse perché anche se ho 50 anni c’è una parte di me che è ancora bambino. E quindi sono sempre pronto a giocare con loro.
4) Cosa ci raccontate dell’esperienza agonistica dei più piccoli?
Serena: Momento molto particolare.
Non tutti i bambini sono pronti emotivamente a partecipare alle gare, anche se sono bravissimi.
É un momento impegnativo, quindi rischi che se non li porti a gareggiare rimangono male, se li porti magari rimangono male del risultato e non gareggiano più.
Quindi è importante valutare singolarmente ogni bambino a 360°, capire quando è il momento giusto. Poi è importante portarli anche in trasferta perché fanno squadra, si sostengono, si abbracciano si vogliono bene, anche se gareggiano l’uno contro l’altro.
Si impara molto da loro, si sfidano seriamente e accettano il risultato, sono fieri del loro compagno se perdono.
Bartolo: Io mi immedesimo molto in loro e li sento miei. Cerco di tirare fuori da loro il meglio che possono dare, spesso hanno paura di deludermi se una gara va male. Ma questo significa che ci tengono.
Poi ci sono bambini che sono più pronti e altri meno pronti, sia psicologicamente che atleticamente, ma la cosa bella è che danno sempre il meglio di sé.
Adoro accompagnarli in trasferta.
Un’ esperienza molto bella è stata il Trofeo Coni 2019. Ricordo un episodio in particolare, tutti i bambini durante il viaggio stavano con il cellulare in mano. Allora li ho sgridati, ho vietato di usarlo nel pullman.
Lo hanno lasciato anche bambini che non conoscevo e così hanno socializzato, fatto amicizia e anche poi nel campo non hanno usato per niente il telefono.
Fare da angolo ai bambini poi mi da una carica eccezionale, che sia nel Brazilian Jiu Jitsu o nella kick, è bello ma allo stesso tempo difficile.
Loro mi guardano, mi ascoltano, pendono dalle mie labbra e io mi sento caricato di una grande responsabilità. Se sbagliano critico me stesso, mi colpevolizzo.
Ma in quel caso io non sono solo un tecnico.
Sono il maestro e il confidente che dona loro la carica e la fiducia anche nel momento più difficile. Ad esempio al Bari Challenge 2019, c’erano molti bambini che hanno pianto, ma io non ho fatto pesare quelle cosa e li ho tranquillizzati offrendo loro un gelato.
Hanno bisogno di piccole cose. Hanno bisogno di comprensione.
5) Allenare i bambini ha cambiato in qualche modo il vostro percorso personale ma soprattutto il vostro percorso come allenatori?
Serena: Da quando gestisco un gruppo, sono migliorata dal punto di vista personale. Sono cresciuta insieme ai bambini e ho compreso tante cose del loro mondo pur essendo già mamma quando ho cominciato. Sono loro che mi spiegano le cose in realtà, sono loro che mi insegnano come affrontare la vita.
Come insegnante, un valore aggiunto che mi fa allenare i bambini è che riesco a spiegare di più e meglio anche nei corsi per gli adulti.
Bartolo: Dal punto di vista personale allenare i bambini mi ha migliorato. Mi ha insegnato a immedesimarmi in loro e a vedere sempre tutto bello e con il sorriso. Mi hanno insegnato la felicità, e mi hanno supportato e cambiato in meglio.
Dal punto di vista di allenatore sono migliorato nella didattica, comprendo le differenze caratteriali, sono cresciuto professionalmente ed è gratificante il lavoro che faccio.
I bambini sono speciali. È speciale.. tutto ciò che facciamo con loro.