Evoluzione di un fenomeno dalle conseguenze poco conosciute dalle generazione 2.0
Con il termine bullismo si definisce un comportamento prepotente e violento ripetuto nel tempo, che mira deliberatamente ad offendere, far del male, danneggiare una vittima di fronte ad una platea di spettatori.
Ciò che differenzia un atto di bullismo da una “normale” disputa tra ragazzi è l’intenzionalità di ledere, di far del male.
Tra il bullo e la vittima si crea una vera e propria diseguaglianza di forza e di potere: il bullo appare come il più forte del gruppo mentre la vittima si sente esposta, isolata e incapace di riferire delle violenze subite per paura di rappresaglie o della vendetta del bullo.
Il bullismo può essere diretto se caratterizzato da attacchi fisici (calci e pugni, spinte, appropriazione o danneggiamento di oggetti altrui); indiretto se caratterizzato da attacchi verbali (offese, minacce).
Oggi si parla anche di bullismo maschile (usa principalmente forme di prevaricazione basate sulla forza fisica) e bullismo femminile (usa metodi di prevaricazione più sottili e striscianti come la maldicenza e la manipolazione dei rapporti di amicizia).
Mentre il cyberbullismo? Cos’è?
Il cyberbullismo altro non è che l’evoluzione tecnologica del bullismo, definito dalla legge 71/2017 come ogni “forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identita’, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonche’ la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o piu’ componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.”
Mentre un atto di bullismo ha sempre e comunque una limitazione spazio temporale e una visibilità circoscritta (qui e adesso), un atto di cyberbullismo rompe la limitazione spazio-temporale dando il via a una forma di persecuzione continua, che sfugge anche a quel minimo di controllo che in un atto di bullismo si può comunque avere.
Il virtuale è più doloroso: non ci sono più confini fisici, non ci sono più limiti d’orario.
Postare in rete, inviare messaggi offensivi, modificare e diffondere on line fotografie e informazioni altrui anziché compiere direttamente atti di prevaricazione (face to face), abbassa il senso di “responsabilità” e di pudore dell’autore dell’atto e gli permette di danneggiare gli altri con un senso di inibizione pressocchè pari a zero grazie alla presenza di uno schermo che lo nasconde e lo allontana dal contatto visivo con la vittima.
Il senso della corporeità del reale e del relazionale viene meno, non ci sono segni osservabili e tangibili di come la vittima possa reagire e questo rende ancora più difficile e improbabile che il bullo riesca a mettersi nei suoi panni, ad entrare in contatto empatico con la stessa, senza poterne comprendere la sofferenza.
Il termine empatia deriva dal greco e significa “dentro la sofferenza”. L’empatia è la capacità di mettersi nei panni di qualcun altro e di vedere il mondo con i suoi occhi.
Pur avendo accorciato paradossalmente le distanze e facilitato in qualche modo i nostri rapporti con gli altri, le nuove tecnologie hanno allontanato progressivamente le relazioni faccia a faccia e con esse i livelli emozionali degli individui. Se da un lato offrono grandi opportunità, specialmente nel campo comunicativo-relazionale, dall’altro lato espongono i giovani utenti a nuovi rischi, quale il loro uso distorto o improprio per colpire, intenzionalmente e non, persone indifese e arrecare danno alla loro reputazione.
Le vittime di persecuzioni on line tendono a isolarsi e a interrompere le attività quotidiane convenzionali (come andare a scuola).
Per questo diventa fondamentale l’aiuto di chi le circonda: insegnanti, compagni, amici, familiari.
Noi tutti abbiamo il dovere di intervenire quando osserviamo segnali di malessere nei ragazzi.
Nell’ordinamento giuridico italiano non è mai esistita una normativa sul bullismo. Eppure il legislatore ha sentito la necessità di intervenire di recente sul fenomeno del cyberbullismo a causa della maggiore gravità di quest’ultimo rispetto al primo.
Questa fattispecie telematica consente al carnefice di esercitare sulla vittima forme di sorveglianza, pressione e controllo praticamente ininterrotte e potenzialmente conoscibili da tutto il mondo (se pensiamo alla diffusione di immagini o informazioni compromettenti sui social network).
I comportamenti aggressivi posti in essere dal bullo o dal cyber bullo possono produrre conseguenze giuridiche sia sul piano civilistico sia su quello penalistico, che amministrativo.
Se l’autore è un minore di età ricompresa tra i 14 e i 18 anni, si applicheranno le norme del processo minorile. Per il minore di anni 14 nel momento in cui ha commesso il fatto, non essendo egli imputabile per l’ordinamento italiano (cioè non è ritenuto capace di intendere e di volere), vengono in genere adottate misure volte ad allertare i servizi sociali del territorio per garantire l’attenzione necessaria sul minore e la sua famiglia.
Si parla di responsabilità civile quando con il comportamento tenuto si provoca un danno ingiusto alla vittima, che ha di conseguenza diritto di chiedere il risarcimento del danno subito.
Esistono tre tipologie di danno:
1. morale (patire sofferenze morali, turbamento dello stato d’animo della vittima, lacrime, dolori, patemi d’animo)
2. biologico (danno riguardante la salute e l’integrità fisica)
3. esistenziale (danno alla persona, alla sua esistenza, alla qualità della vita, alla reputazione, alla riservatezza, all’immagine).
La responsabilità per le azioni compiute dal minorenne ricade anche sui genitori e sugli insegnanti, che hanno il preciso dovere di educare e di vigilare sui ragazzi (culpa in educando/culpa in vigilando). Si parla appunto di responsabilità solidale minori-genitori-insegnanti.
Il compito dei genitori è quello di esercitare un’adeguata vigilanza sui figli al fine di correggerne comportamenti inadeguati e di indirizzarli ad una vita regolare.
L’affidamento dei minori alla scuola e agli insegnanti non esclude la responsabilità dei genitori per il fatto illecito commesso dai loro figli.
L’art. 2048, comma I del codice civile, recita: “il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi”.
L’affidamento a terzi solleva il genitore soltanto dalla presunzione di culpa in vigilando.
Con l’iscrizione ad una scuola, il minore acquisisce il diritto a ricevere un’adeguata formazione e la scuola ha il preciso dovere di garantirla, impedendo che atti illeciti turbino e/o impediscano il corretto esercizio di tale diritto. Di conseguenza, gli insegnanti sono responsabili sia da un punto di vista educativo che di controllo per gli atti commessi dai minori.
Gli insegnanti possono essere ritenuti responsabili ma a pagare il risarcimento sarà la scuola, che poi potrà agire in rivalsa sull’insegnante.
La responsabilità civile di insegnanti e genitori viene meno se essi dimostrano di aver fatto di tutto per impedire il fatto.
Violazioni penali
Quando il bullo e cyberbullo tengono comportamenti definibili reato dal codice penale, si configura una responsabilità penale, che è personale secondo la Costituzione.
I reati che si possono configurare in caso di bullismo sono ad esempio percosse, lesioni personali, danneggiamento. In caso di cyberbullismo ingiuria, diffamazione, istigazione al suicidio.
Oltre a queste ipotesi “classiche”, negli ultimi anni si stanno diffondendo nuove forme di condotta illecita, come il revenge porn (diffusione di immagini intime di un ex partner a scopo di vendetta), il Cyberstalking o cyber-persecuzione (minacce, molestie, violenze e denigrazioni ripetute e minacciose con lo scopo di incutere nella vittima terrore e paura per la propria incolumità fisica), sostituzione di persona o furto d’identità (l’aggressore si sostituisce alla reale persona creandosi un profilo su internet con identità fittizia utilizzando informazioni personali, foto e dati di accesso quali password e nome utente relativi all’account di qualcuno, per spedire messaggi o pubblicare contenuti deplorevoli al fine di danneggiare l’immagine e la reputazione della vittima). Sono solo esempi.
Il problema è che i ragazzi di oggi spesso non hanno consapevolezza delle conseguenze che possono avere certi comportamenti, sia dal punto di vista giuridico che psicologico.
E’ per questo che la legge sul cyberbullismo prevede che le scuole debbano garantire ore formative e di orientamento sul fenomeno. Per diffonderne la conoscenza e prevenirne la diffusione.
Violazioni Amministrative
È indispensabile sapere che se si intende divulgare (inteso nel senso di “diffondere,” ossia comunicare con più persone non identificate) dati personali acquisiti mediante il proprio cellulare o altri dispositivi elettronici, esiste l’obbligo di:
1) informare la persona interessata circa le finalità e le modalità del trattamento dei dati;
2) acquisire il consenso espresso dell’interessato.
Il trattamento illecito viene effettuato dall’autore al fine di trarre per sé un profitto o per arrecare danno ad altri e che abbia cagionato un nocumento.
I bulli e i cyberbulli devono essere denunciati alle autorità competenti non soltanto dalle vittime ma anche da chiunque assista o venga a conoscenza di atti di bullismo e/o cyberbullismo.
Gli insegnanti hanno il dovere di denunciare al dirigente scolastico i casi di cui vengono a conoscenza ed egli a sua volta quello di denunciare alle forze dell’ordine il fatto riferito. In caso contrario essi commettono un reato omissivo in quanto pubblici ufficiali.
E noi altri che dovere abbiamo? Quello di parlare, informare, orientare, sensibilizzare tanto i bulli quanto le vittime. Bullo e vittima sono le due facce di una stessa medaglia ed è nostro compito aiutare entrambi: questi sono fenomeni che riguardano ragazzi in una fascia di età in cui è ancora possibile intervenire in modo educativo-preventivo. Negli ultimi anni il fenomeno del cyberbullismo ha subito un forte incremento, fino a diventare una vera e propria emergenza sociale. Perciò è importante parlarne, farlo conoscere e riflettere sulle possibili soluzioni da adottare, per contrastarlo in modo deciso.
Come possono aiutare le arti marziali?
Le arti marziali possono avere un ruolo molto importante nella prevenzione di questi fenomeni. Sono utili per la vittima, perché rafforzano l’autostima, la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità di reagire e far fronte alle difficoltà. Sono utili per il bullo, grazie all’insegnamento dell’autocontrollo, della disciplina, del rispetto, della lealtà e rappresentano una fonte di sfogo e canalizzazione “buona” della sua rabbia e aggressività.
Ringraziamo per le importanti informazioni e per l’articolo:
Alessandra Sprovera e Olga Stigliano fondatrici dell’associazione “Il cielo nella stanza“, associazione per il contrasto della violenza online. L’associazione nasce a Potenza nel 2016 a seguito di un grave caso di cyberbullismo che ha portato al suicidio una giovane ragazza. Dal 2016 l’associazione “multiprofessionale” (composta da avvocati, sociologi, psicologi, medici, psichiatri…) e si impegna nel prevenire, informare e seguire i casi di bullismo e cyberbullismo nelle scuole e in tutta la regione.